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La versione originale del celeberrimo trattato di Della Casa (1503-1556) sui buoni costumi da tenere in società. Pubblicato postumo nel 1558, il Galateo condensa le esperienze diplomatiche e mondane del suo autore, che fu nunzio apostolico a Venezia sotto Paolo III. Una lettura interessante che consente di soddisfare molte curiosità su questo testo che è indubbiamente più citato che letto.
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22 août 2011

Nombre de lectures

161

Langue

Italiano

Galateo
diGiovanni Della Casa
Letteratura italiana Einaudi
Edizione di riferimento: Il G alateo overo De’ costumi, a cura di Emanuela Scarpa, Panini, Modena 1990
Letteratura italiana Einaudi
Sommario
I II III IV V VI VII VIII IX X X I X II X III X IV X V X VI X VII X VIII X IX X X X X I X X II X X III X X IV X X V X X VI X X VII X X VIII X X IX X X X
1 2 3 6 7 9 10 12 14 15 16 18 20 22 24 25 30 31 34 36 38 40 46 49 51 55 57 58 61 64
Letteratura italiana Einaudi
[ I]Con ciò sia cosa che tu incominci pur ora quel viaggio del quale io ho la maggior parte, sì come tu vedi, fornito, cioè questa vita mortale, amandoti io assa i, co-me io fo, ho proposto meco medesimo di venirti mo-strando quando un luogo e quando altro, dove io, co me colui che gli ho sperimentati, temo che tu, caminan do per essa, possi agevolmente o cadere, o come che sia, er-rare: acciò che tu, ammaestrato da me, possi tenerela di-ritta via con la salute dell’anima tua e con laude et onore della tua orrevole e nobile famiglia. E perciò che la tua tenera età non sarebbe sufficiente a ricevere più p renci-pali e più sottili ammaestramenti, riserbandogli a più convenevol tempo, io incomincerò da quello che per aventura potrebbe a molti parer frivolo: cioè quell o che io stimo che si convenga di fare per potere, in com uni-cando et in usando con le genti, essere costumato e pia-cevole e di bella maniera: il che non di meno è o v irtù o cosa a virtù somigliante. E come che l’esser libera le o constante o magnanimo sia per sé sanza alcun fallo più laudabil cosa e maggiore che non è l’essere avenent e e costumato, non di meno forse che la dolcezza de’ co stu-mi e la convenevolezza de’ modi e delle maniere e d elle parole giovano non meno a’ possessori di esse che l a grandezza dell’animo e la sicurezza altresì a’ loro posses-sori non fanno: perciò che queste si convengono esserci-tare ogni dì molte volte, essendo a ciascuno necess ario di usare con gli altri uomini ogni dì et ogni dì fa vellare con esso loro; ma la giustitia, la fortezza e le al tre virtù più nobili e maggiori si pongono in opera più di ra do; né il largo et il magnanimo è astretto di operare a d ogni ora magnificamente, anzi non è chi possa ciò fare i n al-cun modo molto spesso; e gli animosi uomini e sicur i si-milmente rade volte sono constretti a dimostrare il valo-re e la virtù loro con opera. Adunque, quanto quell e di grandezza e quasi di peso vincono queste, tanto que ste in numero et in ispessezza avanzano quelle: e potre ’ ti,
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G iovanni Della Casa - Il G alateo overo De’ costumi
se egli stesse bene di farlo, nominare di molti, i quali, es-sendo per altro di poca stima, sono stati, e tuttavia sono, apprezzati assai per cagion della loro piacevole e gratio-sa maniera solamente; dalla quale aiutati e solleva ti, so-no pervenuti ad altissimi gradi, lasciandosi lunghi ssimo spatio adietro coloro che erano dotati di quelle pi ù no-bili e più chiare virtù che io ho dette. E come i piacevoli modi e gentili hanno forza di eccitare la benivolen za di coloro co’ quali noi viviamo, così per lo contrario i zoti-chi e rozzi incitano altrui ad odio et a disprezzo di noi. Per la qual cosa, quantunque niuna pena abbiano ord i-nata le leggi alla spiacevolezza et alla rozzezza de’ costu-mi (sì come a quel peccato che loro è paruto leggie ri, e certo egli non è grave), noi veggiamo non di meno che la natura istessa ce ne castiga con aspra disciplina, privan-doci per questa cagione del consortio e della beniv olen-za degli uomini: e certo, come i peccati gravi più nuoco-no, così questo leggieri più noia o noia almeno più spesso; e sì come gli uomini temono le fiere salvat iche e di alcuni piccioli animali, come le zanzare sono e le mo-sche, niuno timore hanno, e non di meno, per la con ti-nua noia che eglino ricevono da loro, più spesso sirama-ricano di questi che di quelli non fanno, così adiv iene che il più delle persone odia altrettanto gli spiacevoli uo-mini et i rincrescevoli quanto i malvagi, o più. Pe r la qual cosa niuno può dubitare che a chiunque si disp one di vivere non per le solitudini o ne’ romitorii, ma nelle città e tra gli uomini, non sia utilissima cosa il sapere es-sere ne’ suoi costumi e nelle sue maniere gratioso e pia-cevole; sanza che le altre virtù hanno mestiero di più ar-redi, i quali mancando, esse nulla o poco adoperano ; dove questa, sanza altro patrimonio, è ricca e poss ente, sì come quella che consiste in parole et in atti solamente.
[ II]Il che acciò che tu più agevolmente apprenda di fare, dèi sapere che a te convien temperare et ordi nare i
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G iovanni Della Casa - Il G alateo overo De’ costumi
tuoi modi non secondo il tuo arbitrio, ma secondo il pia-cer di coloro co’ quali tu usi, et a quello indiriz zargli; e ciò si vuol fare mezzanamente, perciò che chi si di letta di troppo secondare il piacere altrui nella convers atione e nella usanza, pare più tosto buffone o giucolare, o per aventura lusinghiero, che costumato gentiluomo. Sì co-me, per lo contrario, chi di piacere o di dispiacer e altrui non si dà alcun pensiero è zotico e scostumato e di save-nente. Adunque, con ciò sia che le nostre maniere s ieno allora dilettevoli, quando noi abbiamo risguardo al l’al-trui e non al nostro diletto, se noi investigheremo quali sono quelle cose che dilettano generalmente il più degli uomini, e quali quelle che noiano, potremo agevolmente trovare quali modi siano da schifarsi nel vivere co n esso loro e quali siano da eleggersi. Diciamo adunque ch e ciascun atto che è di noia ad alcuno de’ sensi, e ciò che è contrario all’appetito, et oltre a ciò quello che r appre-senta alla imaginatione cose male da lei gradite, e simil-mente ciò che lo ’ntelletto have a schifo, spiace e non si dèe fare.
[ III]Perciò che non solamente non sono da fare in presenza degli uomini le cose laide o fetide o schi fe o stomachevoli, ma il nominarle anco si disdice; e non pu-re il farle et il ricordarle dispiace, ma etiandio il ridurle nella imaginatione altrui con alcuno atto suol forte noiar le persone. E perciò sconcio costume è quello di al cuni che in palese si pongono le mani in qual parte del corpo vien lor voglia. Similmente non si conviene a gentiluomo costumato apparecchiarsi alle necessità naturali nel con-spetto degli uomini; né, quelle finite, rivestirsi nella loro presenza; né pure, quindi tornando, si laverà egli per mio consiglio le mani dinanzi ad onesta brigata, co n ciò sia che la cagione per la quale egli se le lava rap presenti nella imagination di coloro alcuna bruttura. E per la me-desima cagione non è dicevol costume, quando ad alc u-
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